Nella bocca di Tifeo
Il tratto è ricco di segni che testimoniano le tradizioni contadine del luogo:
case di pietra, parracine, antiche cisterne di acqua scavata nella tenera roccia tufacea, vigneti.
La roccia è sicuramente l’elemento che più caratterizza questo luogo: essa testimonia un passato tumultuoso.
I grandi massi tufacei rotolati dal monte epomeo sono stati ribattezzati dai contadini: Pietra brox, Pizzo del merlo, Pietra martone.
Continuando l’ascesa la strada lascia il posto ad un sentiero immerso completamente della selvaggia macchia mediterranea
(lecci, lentischi, eriche, mirti ed erbe aromatiche.
Dopo un po’ la salita si fa più ripida e il suolo più caldo: il sottobosco mediterraneo si congeda,
lasciando il passo ad una vegetazione più esotica (fichi d’India, agavi),
fino ad incontrare il mito dell’isola d’Ischia “Tifeo”, che giace nelle viscere dell’isola e le cui lacrime fluiscono nelle acque termali.
A monte Corvo queste hanno preso la forma di vapori acquosi.
La strada del ritorno si snoda attaverso il borgo di Monte Corvo,
dove ancora è possibile trovare le tracce del vecchio insediamento ricavato dai grossi massi tufacei in una perfetta sinergia tra elementi naturale ed antropici.
Nella bocca di Tifeo
Secondo il mito sotto l’isola d’Ischia sarebbe incatenato il gigante Tifeo confinato da Zeus sotto l’isola di Pithecusae
che erutta fuoco rendendo calde le acque e che, con il suo irrequieto agitarsi, provoca terremoti.
Fu scaraventato dal re degli dei in mare e condannato a sorreggere per l’eternità Ischia sulle proprie spalle.
Le sue lacrime si trasformarono in acque termali, i suoi lamenti in boati di terremoto e lava vulcanica.
Molte località dell’isola verde hanno preso il nome dalle varie parti del corpo di Tifeo: il Ciglio, La Bocca, Panza, il Testaccio, Piedimonte.
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